Dea antichissima, venerata e temuta, signora dei Misteri antichi, ha ancora punti oscuri da scoprire e oggi è la divinità più adorata in tutto il mondo.

Ecate è una dea antichissima, la sua origine risale agli albori della civiltà, ma ancora misteriosa, non facilmente accessibile, a tutti i livelli. E ha conosciuto nei secoli periodi di grande venerazione e altri di timore..

Ne sono stati evidenziati i lati oscuri, inferi e le furono dati parecchi attributi negativi, con l’intenzione di sminuirne i Misteri e distruggerne l’adorazione. Ma se sono stati fatti dei tentativi per sconfiggerla sono falliti. Ecate, come altre dee, ha continuato a trovare modi per ispirare artisti, drammaturghi e poeti ed è rimasta sempre presente nelle vite di maghi e teurghi. Ed è più presente che mai oggi: assistiamo a un rifiorire in tutto il mondo del suo culto che, pur essendo mutato adeguandosi alle esigenze contemporanee, conserva i tratti di quello antico, e molti studiosi moderni evidenziano quanto sia attento proprio a come la dea veniva adorata da Greci e Romani.

In anni recenti è valorizzata come dea dei Misteri, cioè culti iniziatici come quelli che fiorirono a Eleusi, Samotracia ed Egina: il ruolo essenziale che le venne attribuito anche nel testo degli Oracoli Caldaici.

Da dea celeste, stellare, partecipe dei misteri di Eleusi, che sono salvifici, a dea oscura, signora delle streghe e della magia, infernale, perfino pericolosa, temutissima da uomini e dei.

Fino ad accennare alla teurgia dei neoplatonici, dove diventa il mezzo stesso della connessione con l’Uno.

Esiodo

Nella Teogonia di Esiodo, del VII secolo a.E.C., forse il primo che accenna alla Dea, questa  è onorata come poche altre divinità, tanto che l’opera venne addirittura definita da un famoso grecista, West, il Vangelo di Ecate. Commentatori fanno notare che già il termine inno indica adorazione e devozione, mentre la novità presente in questo inno è la gratitudine, condizione essenziale per denotare l’azione di un devoto che offre un canto a una divinità: è quindi più che un inno, una lode, una poesia religiosa con toni devoti e adoranti. Va ricordato che gli inni erano cantati ed Esiodo con questo si rivolgeva anche alle persone di bassa estrazione sociale. La lode a Ecate è un canto di venerazione, una preghiera ed è anche l’attestazione che il suo culto si è spostato dalla zona originaria, la Caria, e si è espanso in tutta la Grecia.

Si afferma che Ecate era figlia dei due titani Perse ed Asteria, entrambi simboli della luce splendente. Esiodo la descrive come Regina delle Stelle e anche dell’astrologia, come sua madre, e destinata ad ereditare il trono di Regina del Cielo.

Esiodo racconta che Zeus le dà illustri doni e immensi poteri, il potere sulla terra, sul mare e sul cielo stellato. Si dice che è onorata in modo sommo addirittura dagli stessi dei e da tutti gli uomini perché Lei può esaudire qualsiasi desiderio accogliendo le preghiere e tutto concede loro: una prerogativa che, prima di lei, spettava solamente a Zeus. Ed è un diritto originario come discendente delle divinità primordiali. Siamo al massimo possibile degli onori che è possibile tributare a una divinità: raramente la dea verrà declamata con tali onori in seguito.

È stato fatto notare che il componimento occupa un posto centrale nel poema e di snodo fra gli dei più antichi e quelli olimpici: Esiodo avrebbe scelto questa posizione confermando il suo ruolo di Signora delle zone di transizione, di passaggio, per darle ulteriore importanza e sottolinearne la vicinanza agli esseri umani, a tutto il genere umano: si dice infatti che chiunque può chiedere i suoi favori e che la dea, se lo vuole, li concede volentieri dando vittoria e gloria, prosperità e una vita ricca di benedizioni. È un rimando alla peculiare qualità della dea, quella di esserci quando nessun altro c’è, rafforzata dal sottolineare che Ecate può tutto, tutto quello che vuole.

È con Zeus l’unica che ha questa possibilità e una dea così potente, per quanto possa essere stata sminuita in epoche successive, da non perdere mai questa facoltà, fino a essere adorata così nel mondo moderno.

Ovidio

Molto diversa la visione della dea nella letteratura romana. Ovidio per esempio parla delle streghe tessaliche nelle Metamorfosi, citando Medea, sacerdotessa antica di Ecate: Medea esce di casa quando la luna è piena, a piedi nudi, e vaga per i boschi nella notte fonda. C’è un silenzio innaturale, poi tendendo le braccia alle stelle Medea gira tre volte su se stessa, si bagna i capelli tre volte con l’acqua del fiume, lancia grida lamentose e cade in ginocchio, invocando la Notte, fedele custode dei misteri, gli astri, ed Ecate, che può porgere aiuto agli incantesimi e all’arte dei maghi. I suoi poteri sono immensi, inverte il corso dei fiumi, sconvolge il mare e placa quello in burrasca, è padrona dei venti, fa tremare i monti, sradica querce, domina sui fantasmi.

Ecate fa paura, ma viene invocata perché ha poteri immensi sugli elementi e la possibilità di trasformare in realtà i desideri. Inoltre, è la dea della conoscenza e dona alle streghe la consapevolezza, dono principale della magia insieme alla capacità di trasformarsi e solo chi si trasforma evocando gli dèi interiori può avvicinarsi alla fiaccola di Ecate senza bruciarsi. Non è una dea per tutti, ma solo per chi ha il coraggio di compiere un percorso con lei non facendosi spaventare dalle sue manifestazioni terribili e dal suo appartenere anche agli inferi.

E si dice infatti delle streghe che il destino lo creano, o meglio co-creano guidate da Ecate.

Oracoli caldaici

In questo testo del II secolo E.C. Ecate è rappresentata più come quella che Platone, nel dialogo più famoso e ispiratore tra le sue opere, il Timeo, chiama l’Anima Mundi: ossia uno spirito universale che rappresenta e incarna la vitalità della natura come se fosse un unico essere vivente; il principio universale da cui ogni singolo organismo, dal più semplice al più complesso, trovano la loro armonica manifestazione.

Negli Oracoli Ecate è descritta come una membrana noetica che funge da cintura, che discerne il primo e il secondo fuoco, che anelano a fondersi. La dea assolve la funzione di congiungere e separare il Primo Fuoco, il Padre, dalla sua diretta germinazione. Mantenendoli separati la dea favorisce la generazione dei mondi, che senza questa distinzione non sarebbe possibile. Il Secondo Fuoco crea i mondi, che Ecate, anima del mondo, salvaguardia mantenendo la distinzione e l’unione.

In un altro oracolo caldaico, Ecate è definita come la fonte dell’acqua dell’anima cosmica: simbolicamente, quindi, essa  è la fonte della vita . Ella anche sorgente della luce, del fuoco, dell’aria e dell’etere; in sostanza a lei si attribuisce il potere vitale su tutti gli elementi: è il ventre del cosmo. 

Il teurgo è colui che evoca la divinità attraverso la telestiké, ossia l’insieme di ritualistiche atte a convogliare il potere divino all’interno di una statua o di un essere umano affinché, incarnato, parli in sua vece, ed è Ecate stessa a guidare il teurgo nella sua evocazione.

Ecate Fiore di Fuoco di Valentina Minoglio

Regina delle streghe oggi

Nel mondo odierno, Ecate è amata soprattutto come dea delle streghe e nella stregoneria contemporanea è una delle Dee a cui più spesso si fa riferimento.

Come abbiamo visto quest’immagine di Ecate ci viene dal mondo greco romano in cui Ecate era considerata già la Dea infera che presiedeva ad ogni filtro e pozione e ad ogni magia. Ancora oggi la Dea conferisce le sue benedizioni alle anime che cercano la conoscenza e il potere: Signora dei misteri dimenticati, guida sui sentieri della notte con la sua torcia, ci abbraccia nell’estasi e concede la chiave della saggezza degli antichi. Ai crocevia dell’anima, nel suo nome apriamo la porta astrale della luna, e offriamo il nostro corpo come tempio per la sua essenza eterna, così che possiamo rinascere forgiati nel suo fuoco sacro. Lei apre le porte del regno notturno, per poter scendere nelle profondità dell’inferno, attraverso i sentieri dell’antico mistero.

 Essere streghe è tutto questo, ma la figura della strega ha subito un’evoluzione negli ultimi decenni, con la Wicca e la neostregoneria: quando si parla di strega si intende una donna che ha a che fare con la magia e il suo potere, ma anche con un percorso magico e spirituale di individuazione di sé e di evoluzione. Una donna che si ribella allo status quo, libera, liberata proprio dalla stregoneria che riscatta secoli di oscurantismo e inquisizione. È per questo che nel corso dei secoli il patriarcato ha enfatizzato gli aspetti oscuri e terrifici di Ecate, che vanno anche oggi ripresi in considerazione, in un’ottica d’integrità e di liberazione, stregonesca, e non certo di condanna o esclusione.

Dea femminista

La demonizzazione di Ecate, e della figura della strega, è un processo cominciato nell’antica Grecia, continuato a Roma e poi perfezionato con il Cristianesimo istituzionalizzato. Si è voluto trasformare la primordiale Dea-donna in un’entità infernale. Ormai la Dea dall’aspetto più misterioso della Luna, quella velata che si cela per morire e poi rinascere alla luce, era diventata, nell’immaginario collettivo, la Regina delle Streghe, colei che preparava filtri letali in quel paiolo di rame che, in realtà, è la lontana memoria dell’arcaico recipiente materno della fecondità e della rinascita.

La Luna come Vegliarda, simboleggiata dalla saggia e potente Ecate, è stata tramutata in una vecchia strega vestita di nero, con un nero cappellaccio, emblema del suo aspetto notturno e tenebroso, ed a cavallo d’una scopa. Se Ecate non è una dea particolarmente femminista di per sé, nella stregoneria moderna rivalutare divinità femminili trattate male dalla storia, viste cioè nel solo aspetto distruttivo, significa anche dare la possibilità al divino femminile insito in tutte noi di esprimersi e di riscattarsi: accade con molte dee scomode. E che ve ne sia bisogno, ancora oggi, è dimostrato dal fatto che alcuni esoteristi tradizionalisti occidentali hanno una visione della donna e delle minoranze, sessuali, di genere e persino razziali, quasi medievale: un pensiero sotteso a molto esoterismo moderno per un pregiudizio che è rimasto verso il genere femminile che è assolutamente intollerabile, ma diffuso, a volte insidioso.

Ecate Brimo si erge furiosa davanti ad un simile atteggiamento, diventa paladina della donna, ma anche di tutti coloro che vengono bullizzati per il proprio orientamento, il proprio aspetto, la propria pelle, e minaccia seriamente gli stolti che pensano così: Ecate la Terribile, Signora del Mondo, signora dei Misteri al femminile, sa essere vendicativa.

Orgogliosamente oscura

Nel riapparire come dea delle streghe, Ecate non rivendica il suo aspetto luminoso, ma è in primis orgogliosa della sua tenebra: solo attraverso questa oscurità si è in grado di cogliere quanto sia abissale come figura celeste e come la sua luce nasconda una tremenda profondità, in totale contrasto con il nitore apollineo. Siamo agli antipodi dell’ipocrisia New Age che vuole recuperare tutto alla luce indistinta della Nuova Era. La New Age nasce tra gli anni 60 e gli anni 70 e comprende al suo interno centinaia di movimenti ed anche singoli individui autonomi e diversi tra di loro: gruppi pseudocristiani, culti di matrice orientale, pacifisti, femministe, ecologisti, ufologi, scienziati, psicologi, psichiatri, gruppi di medicina alternativa, gruppi dediti alla stregoneria, allo spiritismo ecc. I vari elementi sono collegati gli uni agli altri dalla diffusa percezione che i tempi siano maturi per un cambiamento fondamentale degli individui, della società e del mondo: il passaggio dall’Era dei Pesci, caratterizzata da violenza e guerre e dominata dal cristianesimo, alla Nuova Era dell’Aquario, connotata dalla pace e dall’amore fra tutti gli uomini.

La New Age ha l’ossessione dei salti quantici, delle svolte epocali, fino ad arrivare ai millenarismi, che in realtà nascondono un vuoto, un aspettare la soluzione alla propria vita dall’esterno: meglio la fine del mondo che la mia incapacità di cambiare. Capiamo bene che Ecate parla un linguaggio diverso: lei ci invita a conoscerci nella nostra oscurità e a fare un percorso che si snoda negli anni, senza salti, senza illuminazioni, piuttosto immergendoci nei nostri abissi. Illuminando con le sue torce strade spesso buie. Ed è proprio questo il punto di maggior distacco: una certa new age è drogata di luce.

Ecate è una dea integra, illumina con il suo sacro fuoco le zone in ombra aiutandoci a conoscerle e a trasmutarle.

È veramente una dea delle streghe, ma intese in senso moderno, spirituale, come avviene nel culto della Wicca.

La chiamata

Dopo che Ecate si manifestò in modo chiaro nella mia vita cominciai così a chiedermi come, quando ed in quali modalità diverse una divinità chiama e come la possiamo cercare per vedere se si connette a noi, consapevole, ormai, che solo il rapporto diretto con una divinità ci sveglia spiritualmente, ci fa evolvere, cambia la nostra vita, e con la consapevolezza, più  forte che mai, che essere sacerdoti è un servizio che rendiamo alla comunità ma, in primis a noi stessi. La via della devozione sviluppa enormemente le nostre facoltà spirituali e magiche facendoci fare il salto di livello da semplice neofita ad apprendista.

Può accadere così, in modi molteplici: apparentemente per caso, o per la legge della serendipità, o per magia, o grazie a un sogno, o ancora grazie alla lettura di parole illuminanti… oppure facendo ricerche su antiche divinità della propria terra, letture, studi, viaggi sciamanici, rituali, meditazioni. Quando all’improvviso il suo nome appare, sussurrato lievemente.

Non la vedi ancora, ma decidi di seguire l’istinto e di approfondire. Arriva a quel punto una fase sorprendente, meravigliosa, nel senso che ti lascia a bocca aperta dallo stupore: uno stupore pieno d’incanto e gratitudine, in cui le coincidenze o sincronicità si moltiplicano. È una fase pericolosa perché tutto sembra tornare, una fase dove si vedono segni ovunque e si può apparire persino un po’ invasati perché tutto sembra ricondurre a Lei, a quella Dea.

Con un po’ di esperienza s’impara, anche in questo campo, a procedere come sul filo del rasoio, in bilico su una fune tra follia e ispirazione, tra ridicolo e tenerezza, fra bugia e verità, come ombre e pagliacci, trovando un’autenticità che è sempre in divenire e che si fonda su segreti com-presi dall’anima. S’impara anche a non perdersi, ad aspettare.

Il contatto diretto con la fonte pura della divinità risveglia gli dèi antichi, dentro e fuori di noi, dà loro un volto specifico, un nome, una storia che s’intreccia con le storie personali di noi streghe, studenti dei loro misteri.