Sentiamo molto spesso il termine religione della natura, ma non sempre abbiamo chiaro il suo significato, soprattutto nel mondo contemporaneo.

L’enciclica di Papa Francesco Laudato si’, datata al maggio 2015 (http://w2.vatican.va/content/francesco/it/encyclicals/documents/papa-francesco_20150524_enciclica-laudato-si.html ), riportò alla pubblica attenzione il  carattere sacro del rapporto con la natura. Una questione certo non recente, né limitata a una sola tradizione spirituale – anche se non tutte propongono il medesimo approccio.

La Natura nella religione

È famoso, per esempio, l’amore tributato dalla cultura giapponese alla natura, sotto gli stimoli dello Shintoismo e del Buddhismo zen. Come recita la corrispondente voce su Treccani.it (http://www.treccani.it/enciclopedia/shintoismo/ ), lo Shintoismo considera i fenomeni naturali come espressione di forze divine, dette Kami, presenti in ogni cosa esistente. Sicuramente, chiunque conosce il disco solare che campeggia sulla bandiera giapponese: da Amaterasu Omikami, dea del Sole, sarebbe discesa proprio la dinastia imperiale, secondo una credenza anteriore al 1946. (Vedasi anche, sempre su Treccani.it: “Shinto”, in Dizionario di storia (2011) http://www.treccani.it/enciclopedia/shinto_%28Dizionario-di-Storia%29/  ).

Il Buddhismo zen (www.monasterozen.it ), invece, non propone divinità. Questo, però, non significa che disconosca l’importanza centrale del rapporto uomo-natura. Daisetz T. Suzuki attribuisce all’ascetismo zen questa caratteristica: offrire alla natura tutto il rispetto che merita, in quanto compagna dell’uomo nel cammino verso la “buddhità”. Questo rispetto favorisce anche la salute umana, condizionata da quella dell’ambiente circostante. (Cfr.: Daisetz T. Suzuki, Lo Zen e la cultura giapponese, Milano 2014, Adelphi, p. 283. Traduzione di Gino Scatasta. Tr. it. di: Zen and Japanese Culture, 1959, Bollingen Foundation Inc., New York, N.Y).

La tipica traduzione letteraria di questo atteggiamento è lo haiku, che, per l’appunto, trae spesso ispirazione dall’osservazione di un elemento naturale.

Sull’altare zen, non ci sono immagini da adorare. Ma, fra le cose che non mancano mai, c’è un elemento naturale come i fiori freschi in un vasetto d’acqua. Non per abbellimento estetico, ma come simbolo della natura viva della quale si è parte integrante: così precisa Tetsugen Serra, aggiungendo che l’intero universo è il nostro corpo. (Cfr.: Tetsugen Serra, Zen, Milano 2005, Fabbri Editori, pp. 84-85)

Entrambi i testi citati vengono dalla penna di maestri zen contemporanei. Un’attenzione animata dall’urgenza è, per l’appunto, tributata alla natura proprio nel periodo storico attuale. Si tratta di cercare un equilibrio tra le conquiste tecnologiche e la preservazione dell’ambiente, senza il quale è impossibile la stessa vita. Si tratta anche di saper apprezzare la bellezza e la grandiosità intrinseca della natura, per cibarsi della meraviglia che parte della nostra psiche richiede, senza andarla a cercare in “dimensioni altre” di dubbia esistenza. Ecco che “religioni della natura” sono i neopaganesimi. Dai paganesimi antichi riprendono la ricerca del divino nelle forze naturali, dalla quali non è realmente disgiunto o distinto. Di odierno hanno (oltre alla conoscenza della psicanalisi junghiana e degli esperimenti sul cosiddetto biofeedback http://www.treccani.it/enciclopedia/biofeedback_res-1ea8bf48-98ea-11e1-9b2f-d5ce3506d72e_%28Dizionario-di-Medicina%29/ ) la preoccupazione per la sorte della Madre Terra.

Ethnos e Natura: la distinzione tra veteropagani e neopagani

Per amor di chiarezza, è ora bene distinguere questo tipo di indirizzo da quello detto “veteropagano”, maggiormente incentrato sulla ricostruzione delle religioni antiche e sul legame fra esse e l’ethnos di riferimento. È tipico di taluni veteropaganesimi, come il Movimento Tradizionale Romano, porre l’accento su aspetti della spiritualità non legati al ciclo della natura: principalmente, la cosiddetta Pax Deorum (hominumque), il patto fra gli Dei e la comunità umana, stabilito con modalità giuridiche. (Cfr: Attualità e storia del M.T.R., su Saturniatellus.com – Sito ufficiale del Movimento Tradizionale Romano http://www.saturniatellus.com/storia-del-mtr/ ).

Altro esempio è quello della Religione Etnica Ellenica, o Ellenismo (https://hellenismos.org/2012/12/31/hellenismos-religion-of-the-ethnic-hellenes-and-hellenic-polytheists/ ) – giustamente, da non confondere con correnti neopagane dal nome simile. Il suo scopo è salvaguardare e riabilitare le tradizioni religiose dell’antico politeismo greco. (Cfr.: Consiglio Supremo degli Ellenici Gentili: https://www.ysee.gr/html/ital/index.html )

La Comunità Odinista, invece, mira alla rinascita della tradizione tribale longobarda, espressione religiosa di un Volk, ovvero di un popolo. (Cfr.: Comunità Odinista – Chi siamo, Comunitaodinista.org http://www.comunitaodinista.org/chisiamopageco.htm )

Ciò non significa, però, che i veteropaganesimi siano tout court estranei all’amore per la natura. Diversi di essi (come il M.T.R. e l’Ellenismo) fanno parte dell’ECER, lo European Congress of Ethnic Religions – ex WCER, World Congress of Ethnic Religions. La sua Declaration si richiama agli antichi ethos, che valorizzavano e amavano la Terra, invitando l’uomo a trovare il proprio spazio nella vasta rete della vita. Anche questo fa parte della recupero delle radici religiose indigene. (Cfr.: http://ecer-org.eu/about/declaration/ )


Il neopaganesimo come religione della Natura

Per tornare al discorso precedente, il mondo dei neopaganesimi è assai multiforme – sicuramente, non esauribile in questo luogo. Ci limitiamo a offrire alcuni spunti da autori wiccan noti alla sottoscritta:

“…l’uomo è l’unica specie ad aver cambiato la faccia di questo pianeta. […] crediamo che la scienza stessa debba offrire delle nuove risposte e insegnarci il rispetto per la complessità del mondo che ci circonda […] Tutte le scienze in realtà, nel tentativo di spiegare la natura, ci mostrano anche le sue meraviglie e molto spesso anche la delicatezza, la forza e il potere di quello che osserviamo.” (Cronos (Davide Marrè), Wicca. La nuova era della Vecchia Religione, 2015, Aradia Edizioni, p. 106)

“Una prima legge fondamentale della magia e dell’ecologia: tutto è interconnesso. […]

Se crediamo a questa frase in quanto gente magica e praticanti di un percorso spirituale che onora la Terra, allora dobbiamo rivedere il nostro comportamento. Se veramente crediamo che ciò che facciamo oggi, nel nostro appartamento o nella nostra casa, nei nostri giardini e vialetti, avrà un effetto sulla salute degli animali che ci vivono accanto, dei bambini che giocano nei vicini giardini e parchi, e persino degli animali e persone sull’altro lato del nostro Pianeta, allora vivremo in un modo più sostenibile. Per esempio dobbiamo riciclare di più, tagliare i nostri consumi in generale e il nostro uso di carburanti fossili; dobbiamo conservare (risparmiare) acqua ed energia nelle nostre case, e così via.” (Francesca Ciancimino Howell, Wicca e Natura: vera Spiritualità della Terra, trad. Maurizia Merati – rev. Davide Marrè, in: «Athame – I Principi della Wicca», a cura di Cronos (Davide Marrè) e Carmilla (Ines Tedeschi), Anno IX Numero 25, pp. 138-139).

Le conseguenze logico-pratiche dell’amore per la Terra, qui descritte dalla Ciancimino Howell, non sono le uniche attuate dai neopagani. Janet e Stewart Farrar, con Gavin Bone, suggeriscono un uso delle odierne tecniche di comunicazione per ridurre i viaggi giornalieri nelle città, laddove si tratta di lavori di routine gestibili a distanza tramite Internet (cfr. Il Sentiero Pagano, 2016, Anguana Edizioni, pp. 126-127). Ciò limiterebbe l’inquinamento causato dai mezzi di trasporto.

Ma gli stessi autori menzionano casi di vero e proprio attivismo ambientalista in nome della spiritualità neopagana. Ciò avvenne durante le manifestazione contro la costruzione di una strada attraverso il sito di Twyford Down nell’Hampshire. Molti pagani (racconta la succitata opera) si ritrovarono a doversi sdraiare davanti ai bulldozer durante il giorno e a fare da sacerdoti e sacerdotesse di notte. La ditta di sicurezza privata incaricata di controllarli non si fece scrupolo di usare metodi crudeli, come versare acido sulle mani. (Cfr. op. cit., p. 135).

Né il bisogno di spiritualità orientale, né le correnti occidentali che apprendono dalle religioni antiche possono dunque risolversi in una “fuga dalla realtà”. Gli esempi qui portati mostrano come la loro vocazione possa compiersi solo in un servizio al mondo, qui e ora. L’attenzione alla natura, oltre che essere dovuta al loro “senso del sacro”, è indispensabile per ogni uomo che voglia mantenere le basi della propria sussistenza fisica e psicologica.

Quando non sono impegnati in proteste dure come quella di Twyford Down, gli adoratori della Madre Terra non sarebbero fuori luogo in servizi di pubblica utilità come la pulizia dei parchi. Ed è lecito sognare gli “scout pagani” – ma questa è un’idea ancora troppo ambiziosa, per le risorse organizzative ed economiche attuali. L’importante, oltre a realizzare concretamente la propria spiritualità, sarebbe sfatare il mito dell’ “inutilità” o dell’ “estraneità” alla società delle religioni minoritarie. “Inutilità” spesso dovuta, più che altro, a un’organizzazione non centralistica e alla limitata disponibilità di denaro da investire in iniziative. Ma questa è un’altra storia e andrà raccontata un’altra volta.